roma

Proprio in questi giorni ho dovuto prendere la residenza a roma per motivi di lavoro. Non volevo prenderla, ma ho dovuto, pazienza. La cosa interessante del fatto è che guardando sul sito del comune cosa dovevo fare ho scoperto un dato molto significativo che riguarda la mia nuova città.

Per iscriversi all’anagrafe si va direttamente nelle strutture del sotto-municipio di riferimento. Dato che ho il culo di abitare in centro, vado nella struttura centrale, muncipio I. Praticamente Roma ha 2 milioni e 800 mila residenti, di cui 120 mila vivono nel primo municipio, ossia la zona compresa nelle mura. Praticamente nessuno vive in centro a Roma, un misero 3-4 percento. Questo significa che i romani sono stati “deportati” dal centro storico della città e catapultati a distanze variabili, a volte anche a 20 km dal centro, secondo un processo che attualmente si sta svolgendo in posti come la cina, seppur con metodi molto più beceri. Cioè, la speculazione immobiliare, vera grande industria romana, ha espulso i romani dalla propria città, spedendoli fuori, a volte anche fuori dal raccordo anulare, che in realtà sempre più rappresenta le nuove mura di delimitazione del centro, e da raccordo si sta trasformando in tangenziale. Devo dire che me ne ero accorto: facendo spesa in via nazionale e dintorni mi capita spesso di essere l’unico italiano non turista. Il resto della clientela è formato da ragazzine spagnole che comprano superalcolici e chewingum, americani di ogni età, giapponesi etc etc. L’impressione sgradevole è che i romani siano stati costretti ad abbandonare la loro città, per fare spazio a bande sconclusionate di turisti internazionali, o studenti erasmus o a teste di cazzo generiche come me. Un giorno tornavo a casa dal lavoro e ad un grassone ubriaco americano è caduta una mazzetta da 400 euro in terra: non so perché ma lo ho avvertito e gliele ho ridate. Questo fenomeno mi dicono abbia rivoluzionato la città e il modo in cui gli autoctoni la percepiscono. Trovo qualcosa di assurdamente retorico nell’attaccamento che i romani mostrano verso la loro città: non sembrano consapevoli del fatto che la loro città li abbia cacciati a pedate. È chiaro che questo fenomeno riguarda tutte le città, ma non credo proprio che a londra o Parigi o berlino solo il 4 percento della popolazione viva in centro. Il centro di roma, mi ricorda sinistramente il centro di Venezia: una non città, una non comunità un non luogo turistico, una disneyland ben riuscita. Sempre meno residenti, sempre più turisti e strutture dedicate. Tra qualche decennio la speculazione immobiliare avrà forse svolto integralmente la sua funzione e nel municipio primo ci risiederà forse solo il presidente della repubblica e qualche altro burocrate di stato. I romani abiteranno sempre più fuori: su repubblica di roma ho visto una esilarante pubblicità in cui offrivano villette a schiera a orte “ a soli 40 minuti dal centro di roma” o qualcosa del genere. Per dare un’idea della follia della cosa, un monolocale in zona monti, seminterrato, 30 mq scarsi, vecchio e malandato ti può tranquillamente costare 1.300 euro al mese. Tra l’altro con tutti i turisti che ci sono, molte case si affittano solo a loro, per periodi brevi o brevissimi a prezzi che arrivano anche a 100 euro al giorno per un bilocale. In realtà poi vivere in centro è si una figata per la bellezza dei posti, la possibilità di uscire a piedi o comunque di usare poco i mezzi, ma, almeno dove abito io, l’impressione è quella di vivere in una quartiere fantasma. Se mi affaccio alla finestra, se esco per andare al lavoro, vedo solo un’esclation di sbirri culminante nei cavallerizzi bianco vestiti del quirinale che sono quanto di più ridicolo si possa immaginare. Ci sono diversi ristoranti in giro, ogni tanto i camerieri verso l’una, quando staccano, fanno un po’ di casino. I cassonetti della spazzatura vengono svuotati con regolarità ogni sera a mezzanotte. I netturbini a volte canticchiano o ascoltano canzoni di gigi d’alessio. I cartelli stradali vengono spesso decapitati dalle smart. I motorini rimossi dai marciapiede. Una troupe di sky staziona qui sotto da due settimane ancora non ho capito perché, ma sarà per questo che sto intravedendo gruppetti di pseudo fotomodelle sotto casa mia. Nel mio palazzo siamo in pochi a non essere uffici. Qui un ufficio di 80 mq lo affittano a 5000 euro al mese e una busta di insalata pronta costa 3 euro. Il parco giochi si fa pagare caro. Quando ceno con la finestra aperta mi vedo riflesso con la bocca impastata nelle vetrate a specchio di una banca piazzata davanti casa mia. C’è spazio per avvenimenti estemporanei: una volta ho fatto accendere una canna a due 12enni romeni che avevano appena tentato di scassinare un distributore di sigarette, nonostante l’allarme che suonava, loro non fuggivano e ridevano. Non ci sono merde di cane. Non ci sono cani. Una barbona ogni mattina prova a rifilarmi lo stesso flyer con la pubblicità di un ristorante giapponese. Un giapponese alto 2 metri abita nel mio palazzo, o quantomeno lo frequenta. Sono poi stato dal giapponese della barbona e non era male. Mi danno la nausea le mitragliette spianate degli sbirri mentre gli cammino davanti. E le loro barbe appena fatte come la mia. Il caffè costa 70 centesimi, il chè mi sembra quantomeno anacronistico. I baristi cercano con ostinazione la battuta ad effetto e fumano dentro i bar come a Napoli. Ma se glielo dici, s’incazzano di brutto. E io gliel’ho detto. Forse non dovevo dirglielo dopo che 2000 napoletani avevano sfasciato mezza termini. Comunque i netturbini e i camerieri sono spesso, visibilmente, napoletani. Le auto blu non sempre sono blu. Gli autisti, spesso napoletani, dormono mentre aspettano chi devono aspettare, allineati con un giornale in faccia a testa. Provare a dare indicazioni turistiche a comitive di anziani giapponesi è quasi un’utopia. I tassinari abusivi di termini ormai non ci provano più. Mr. panino a termini fa davvero cagare. Dopo tre mesi ho imparato a posizionarmi sulla punta del treno così a termini faccio prima. Ogni mattina faccio a gomitate per prendere il caffè anacronistico in mezzo alle occhiaia di chi va al lavoro. Chef express ha il quasi monopolio della ristorazione rivolta ai viaggiatori, che è una sorta di furto legalizzato con l’unico scopo di farti incazzare prima di salire sul treno: il cibo farebbe cagare se non avessi sempre troppa fame per capirlo. Il leonardo express è un altro furto legalizzato. A trastevere fanno troppo ridere i turisti del nord che proprio non c’entrano un cazzo. Non faccio mai in tempo a fare la spesa e ceno spesso con la roba di un ristorante sotto casa. Mi danno piatti veri che io lavo e poi restituisco quando voglio. Sembra che mi vogliano bene. Rischio fratture alle falangi per troppo instant messaging sul posto di lavoro. Anche se il web msn è una tristezza. Non ho ancora aperto un blog su facebook ma prima o poi sento che sarà necessario farlo. Eppoi myspace, flickr, anobii e quant’altro: sembra che tutti abbiano qualcosa da dire, pochi ritengono di non avere un cazzo da comunicare ai malcapitati passanti. Nel frattempo però ho un nulla blog su noblogs, che è in lenta crescita. Un primo obiettivo romano è andare a corviale di domenica in delirium tremens. Sono stato a torpignattara e non mi aspettavo che fosse un quartiere così interessante. Ma magari non lo è, magari era il delirium tremens… 

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